Tra camere d’aria e boiseries: Carol Rama alla Fondazione Accorsi Ometto

Può esserci contrasto più forte che accostare le opere di Carol Rama, con i corpi deformi, le protesi, gli oggetti di scarto, alle collezioni di mobili finemente intarsiati e alle sale rococò del Museo Accorsi Ometto?

Da una parte, le porcellane, gli argenti e i cristalli: oggetti preziosi, fragili, emblema di un’eleganza codificata, rassicurante, curata nel dettaglio fino a diventare simbolo di status e buon gusto. Dall’altra, l’universo radicalmente opposto di Carol Rama, che eleva a materia poetica ciò che normalmente verrebbe scartato: camere d’aria, occhi di vetro, protesi, ferri chirurgici. Che metteva nelle sue opere gli oggetti da nascondere e da non amare, da usare ma ignorare. Simboli che rimandano al corpo, alla malattia, alla sessualità repressa, al trauma, alla follia.

Nell’opera di Carol Rama, ogni elemento è testimonianza di un’estetica antiaccademica, viscerale, che rovescia le gerarchie della bellezza: ciò che è rotto, scartato, deforme viene accolto e reso arte. L’arte di Carol Rama abita i margini, le crepe, le rotture: lì dove l’identità si scompone, dove la bellezza è un atto di rabbia, di lotta e reinvenzione.

L’allestimento della mostra Carol Rama – Geniale Sregolatezza sottolinea ulteriormente questo contrasto: le sale buie, dove solo i quadri e le didascalie sono illuminati, ricordano l’atmosfera della casa-studio in via Napione, dove l’artista aveva oscurato le finestre per poter essere al buio anche di giorno.

L’arte per guarire

Carol Rama, nata Olga Carolina nel 1918, aveva vissuto l’infanzia in una famiglia agiata poi caduta in disgrazia. Il dolore per la perdita del padre, le difficoltà della madre, il senso di inadeguatezza: tutto è entrato violentemente nella sua arte, trasformato in immagini potenti e disturbanti.

“Non ho avuti modelli per il mio dipingere, non ne ho avuto bisogno avendo già quattro o cinque disgrazie in famiglia, sei o sette tragedie d’amore, un malato in casa, mio padre che si è suicidato. Il senso del peccato è il mio maestro” .

Le scene viste da adolescente all’ospedale psichiatrico dove sua madre era ricoverata, ispirano la sua arte. Non ha mai inseguito consensi. Quando nel 1946 presentò i suoi primi acquerelli, i corpi nudi e contorti delle sue figure femminili scandalizzarono la Torino perbene. Le opere vennero sequestrate. Eppure lei andava avanti, testarda e visionaria.

Scriveva il suo amico Massimo Mila:

«È noto che Torino, la più regolare, la più pignola, la più svizzera città d’Italia, produce ogni tanto dei matti, che più matti non esistono in tutto il mondo. Lo disse Vittorio Alfieri che di questi matti fuori serie era il bel numero uno. Lo sapeva Massimo d’Azeglio che con le sue stravaganze giovanili aveva scandalizzato non poco la contegnosa aristocrazia sabauda. In questa razza di matti subalpini un posto d’onore spetta alla pittrice Carol Rama»

Un’artista che ha frequentato più grandi intellettuali di Torino come Pavese, Calvino, Sanguineti e conosciuto i più grandi artisti del Novecento, Casorati, Picasso, Warhol, Man Ray, ma che è stata riconosciuta per il suo valore solo alla fine degli anni ’90, quando aveva ottant’anni: ha ricevuto il Leone d’Oro alla carriera solo nel 2003.

Cosa vedere alla mostra Geniale Sregolatezza

La mostra Geniale Sregolatezza, curata da Francesco Poli e Luca Motto, alla Fondazione Accorsi-Ometto racconta la vita e l’opera di Carol Rama attraverso otto sezioni tematiche che ne rappresentano le diverse fasi artistiche. Ci sono i primi acquerelli erotici e provocatori, le opere astratte degli anni Cinquanta, i bricolage degli anni Sessanta e Settanta, fatti di occhi di vetro, dentiere, oggetti del quotidiano trasformati in simboli di carne e pensiero, le Gomme con le camere d’aria che ricordano il padre e citano Picasso (il gancio a cui sono appese era un suo dono), fino alla serie più recente della Mucca Pazza.

Un stanza ci porta nella casa-studio del’artista attraverso i 12 scatti del progetto fotografico INSIDE CAROL RAMA di Bepi Ghiotti. Una piccola mostra nella mostra, che apre scorci sulla vita quotidiana di Carol Rama.

Un’eredità che parla ancora

Visitare questa mostra è entrare in contatto con un’artista che ha parlato del corpo quando era ancora scandaloso farlo, ha osato urlare il dolore in faccia, ha usato materiali poveri per parlare di emozioni.

È anche un’occasione per riflettere su ciò che ancora oggi consideriamo “accettabile” nell’arte e nella vita.

Chi vuole accedere al mondo più intimo di Carol Rama può farlo con una visita alla Casa Studio di via Napione: entrarci è come affacciarsi nel cuore della sua esistenza: pareti, oggetti, odori, memorie. È qui che tutto è nato, ed è qui che l’arte ha continuato a bruciare fino all’ultimo giorno.

Per orari e informazioni:

Fondazione Accorsi Ometto

Casa Museo Carol Rama

Potrebbe interessarti anche…

A casa di Carol Rama

Nel magico mondo di Carol Rama, la casa-studio in via Napione, dove ha vissuto e lavorato per oltre settant’anni. Un luogo intimo e sorprendente dove convivono opere nascoste, ricordi di amici illustri e l’atmosfera unica di un’artista fuori dagli schemi.

Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: