Un articolo uscito su Domus su Carlo Mollino
Torino è una strana città.
Può essere vista come una città grigia fatta di fabbriche e ciminiere.
O come una città barocca, ricca di piccole piazze con caffè e pasticcerie che profumano sempre di cioccolato.
Molti la pensano come una città chiusa, ripiegata in se stessa, inevitabilmente provinciale, anche se produttiva. Ma è proprio questo suo carattere, questa sua vocazione, che la rende ideale per essere una città-laboratorio.
Un luogo dove si sperimenta e si reinventa (e si esporta) tutto.
Il cinema, la moda, il design, le correnti di pensiero filosofico, l’arte d’avanguardia. Spesso a prevalere è la regola ferrea dell’understatement torinese (o più banalmente quella del “nemo propheta in patria”), e questo spiegherebbe perché anche un grande come Carlo Mollino, celebrato a New York, a Berlino, a Parigi, ancora oggi nella sua città viene considerato come un’anomalia.
Carlo Mollino. Interni in piano-sequenza, Manolo De Giorgi, Abitare Segesta Edizioni, Milano 2004
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